giovedì 14 novembre 2013

la copertina bugiarda per una inchiesta giusta

Una volta i newsmagazine italiani mettevano in copertina delle donne seminude per rilanciare inchieste che non avevano nulla da spartire con quelle splendide fanciulle. Si diceva che la donna nuda attirasse i lettori ad acquistare il giornale, e la cosa mi ha sempre lasciato un po' perplesso. L'Espresso non era immune da tale pratica, lo facevano i concorrenti e, quindi, se il mercato lo chiedeva, occorreva seguirne le scandalose regole. Dai glutei al vento al titolo bugiardo il passo è stato breve: sparala grossa, che poi qualcuno abboccherà. Anche questo è mercato, ma io mi scandalizzo ancora. La copertina de L'Espresso spara il motto "Bevi Napoli e poi muori" ed allora ti aspetti che all'interno vi sia una inchiesta che denunci i veleni che, da napoletano, sono costretto a bere. Mi allarmo, ho seriamente paura ma scopro che l'inchiesta ( sacrosanta ) riguarda un documento americano che svela l'inquinamento delle falde acquifere di alcuni comuni in cui sono dislocate le proprie basi. È una cosa grave, ed è un bene che si sappia tutto ciò, ma c'è un piccolissimo problema: non c'entra nulla la città di Napoli. Quel titolo sparato in copertina è una bugia che toglie credibilità all'inchiesta stessa. Napoli è stata usata come una volta si usava un bel corpo seminudo: non c'entra nulla, ma attirerà la curiosità dei lettori. Fossi il giornalista autore dell'inchiesta, mi arrabbierei e chiederei le scuse da chi ha scelto quel titolo così bugiardo. La terra dei fuochi deve essere controllata, bonificata e chi ha compiuto gli scempi deve essere condannato, per questo la stampa deve continuare a svolgere il proprio dovere di inchiesta e di informazione libera. La nostra terra ha bisogno di queste cose, ma non merita che si giochi sull'allarmismo e sulla disinformazione. L'Espresso per rispetto della sua stessa inchiesta, dovrebbe chiedere scusa per un titolo scandalosamente bugiardo