“Quel treno passava sempre puntuale sullo stesso binario, mai un ritardo, persino l’arrivo era annunciato dallo stesso rumore dei freni. Ormai erano anni che nulla cambiava, il Mercoledì alle ore 11.32 arrivava puntuale. Era un appuntamento fisso che si ripeteva ormai da dodici anni: il Mercoledì arrivava quel treno grigio. Anche quel grigio non era mai cambiato, neanche una lieve scoloritura, neanche un graffio, era sempre lo stesso senza alcun segno di invecchiamento. Era come incontrarsi con la stessa persona, la stessa persona da dodici anni senza un capello diverso, con lo stesso viso, senza una ruga. Il tempo, ogni Mercoledì, si fermava alle 11.32 al binario 2, con lo stesso rumore dei freni. Le persone che scendevano, quelle sì che cambiavano, portavano il peso di quei dodici anni: quella studentessa oggi spingeva un passeggino; quel ragazzetto biondo oggi scendeva con il suo nuovo ragazzo un po’ meno biondo; quella con tutti quei piercing oggi scendeva in tailleur elegante con lo sguardo fisso sullo smartphone; quella coppia di mezz’età oggi era una tenera coppia di nonni.
Tutto cambiava tranne il treno, il binario, il giorno e l’orario. E anche tranne me. Son qui, ogni Mercoledì, alle 11.32, ad aspettare che tu scenda per poi tornarmene deluso. Era un Mercoledì di dodici anni fa, quando ci salutammo proprio vicino a questo binario e tu mi dicesti che saresti tornata con lo stesso treno. Ti ho aspettata ogni Mercoledì, seguendo sempre lo stesso rituale ( caffè al bar della stazione, sigaretta nell’area fumatori, giornale dall’edicola e arrivo al binario 2 ), ma di te neppure l’ombra. Quel treno grigio non ti ha mai riportata da me.”
Leggendo questa lettera, che finalmente hai avuto il coraggio di scrivermi, ho finalmente capito il motivo per il quale io e te non ci si vede da dodici anni: il mio treno era sì quello grigio del binario 2, ma quello era il treno dell’andata. Ogni Mercoledì, alle ore 17.34, lo stesso treno grigio mi aveva riportata al binario 2 della stessa stazione. Imbecille.