mercoledì 10 giugno 2020

venticinque anni fa - racconti brevi

In quella casa c’ero cresciuto, passandoci gli anni più felici della mia vita. Ricordo tutti gli odori e porto con me ricordi che, da sempre, mi accompagnano in questo mio cammino. Oggi, dopo tanti anni, ci sono tornato e tutto mi è sembrato più piccolo. È una cosa normale, gli spazi nei nostri ricordi sembrano enormi, la realtà è molto ridimensionata. Ma l’odore è rimasto lo stesso, persino i colori: tutto uguale solo un po’ più piccolo. Sono tornato per curiosità e per vedere che effetto potesse farmi. A dir la verità, l’effetto non è stato quello che avevo immaginato, anzi, è stato come una botta che mi ha colpito in pieno, una tranvata. Mi ero preparato bene e l’ho fatto quasi come se fosse stato un lungo allenamento, durato più di venticinque anni. Puoi prepararti quanto vuoi ma poi quando arriva il momento accade sempre tutto il contrario di tutto. Sono entrato, e travolto da quell’antico odore, ho rivisto in queste stanze vuote i volti di chi mi ha accompagnato in quegli anni vissuti lì. Le voci che ho iniziato a sentire mi hanno fatto rabbrividire ed ho iniziato a tremare. Sudando freddo sono corso verso la cucina e mi sono dovuto appoggiare al lavello per respirare profondamente e cercare di non perdere i sensi. I ricordi diventavano realtà, come se tanti ologrammi mi camminassero davanti popolando le stanze, dando vita a quest’ambiente che da venticinque anni non avevo più vissuto. Le voci diventavano sempre di più, si mischiavano ai rumori. Quel silenzio che mi aveva accolto poco prima era scomparso, quel vuoto era riempito da tutte quelle figure, l’odore iniziale era stato spazzato via da mille aromi. Frastornato e terrorizzato sono riuscito a spostarmi nel grande salone. Le ragnatele mi sono subito sembrate delle piante che rendevano la stanza simile ad una serra, e io perso tra suoni, odori e persone, ho sentito un affollamento improvviso che mi ha  sovrastato. Oggi è stato il giorno in cui ho finalmente capito perché non fossi più tornato da così tanti anni. Un miscuglio di emozioni mi stava travolgendo, ma l’unica cosa certa era la risposta che mi si chiariva nella mente, capendo finalmente cosa avrei dovuto fare. Sono rientrato e le voci erano sempre più chiare, stavano discutendo animatamente: quei due si rinfacciavano ciò che era accaduto venticinque anni prima. Sentivo salire il terrore di quel giorno; discutevano su chi fosse stato il primo a perdere la pazienza, del perché tutto fosse precipitato fino al tragico epilogo di quella triste faccenda. Ascoltavo tremando, rivivendo quella giornata come se fosse stato oggi. Erano colpevoli entrambi, e non li salvava essere un po’ invecchiati, erano sempre loro: i miei aguzzini. Ricordo ancora come mi presero alle spalle, ricordo l’odore della paura, la mia. Ricordo come tutto si risolse in pochi secondi: fatto fuori in un attimo e loro che avrebbero festeggiato per la mia morte. Oggi sono tornato, ma loro non lo sanno, non mi vedono, come del resto non mi avevano più visto in tutti questi anni. Li ho guardati e sono uscito da quella casa, non prima di aver tagliato il tubo del gas. Un nuovo odore, l’odore della mia vendetta. Dopo venticinque anni.