sabato 11 giugno 2011

Enrico


Era l'undici giugno, l'anno ottantaquattro ed  avevo quattordici anni. Solo dopo pochi mesi avrei incominciato a formarmi un'idea del mondo e della politica. La commozione. Tutte le persone, di qualsiasi convinzione politica, che esprimevano giudizi positivi su quell'uomo così importante che ci aveva lasciato. Quell'onda umana che riempiva Roma per dare l'ultimo saluto ad Enrico. Tutto ciò mi aveva profondamente colpito. Tantissima gente che piangeva e che si era spostata da tutta Italia per quell'uomo, che sapevo essere il capo dei famosi "comunisti"!
All'epoca,  la politica doveva essere  qualcosa da  tenere distante, anzi, da evitare totalmente. Se qualcuno mi avesse chiesto se mi interessassi  di politica, avrei dovuto rispondere, suggerivano accoratamente i miei genitori, che non ne capivo niente. Troppo recenti i disastri degli anni settanta e l'eccessiva politicizzazione che vi era stata: noi ragazzini dovevamo far sapere a voce alta che la politica non ci interessava, così tutti erano più tranquilli! Con una immagine così terrorizzante del mondo politico, non potevo concepire che milioni di persone "politicizzate" potessero piangere per un leader, e cosa ancora più sconvolgente, per il capo dei "comunisti". Il Leader che, se avesse vinto, ci avrebbe requisito le case ed ammazzato di tasse, tralasciando il fatto del cibarsi dei bambini. Lo ammirai senza averlo mai seguito. Ammirai quella gente, così diversa da ciò che dovevo essere su consiglio di chi mi voleva bene. Da quel giorno ho capito che la politica non era solo una sciocca contrapposizione tra gente scalmanata, ma era fatta anche di passione e sentimento. Certo, dopo poco le mie idee si sono avvicinate a quel movimento, ma anche se fossi diventato un democristiano od un perfetto repubblicano, la voglia di appassionarmi e di coltivare le mie idee, è nata da quelle facce tristi per la morte di un uomo che della passione politica ne era il simbolo più vero. Ciao Enrico!

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